Oggi vorrei parlare di demoni ed esorcismi!
Ebbene si…Qui a Zena non ci facciamo mancare nulla!
Ho ripreso questo racconto da Leggende e racconti popolari della Liguria, di Guido Ferraro. Si tratta di un aneddoto interessante, a metà tra storia e leggenda.
Ê la storia di Asmodeo, uno spirito maligno che si impossessò dell’ abate Bartolomeo Maggiolo, priore di una nobile famiglia dell’entroterra polceverasco, vissuto a Murta, un paesino dalle parti di Bolzaneto.
I primi segni della possessione
Siamo nell’agosto del 1778, quando l’abate, fratello del vescovo di Savona, iniziò a manifestare strani comportamenti.
Dal parlare solo in genovese e in uno stentato latino, l’uomo cominciò a proferire parole in lingue sconosciute, svariando tra il greco, l’ebraico e il sanscrito.
Da lì a poco, agli sproloqui negli ignoti idiomi, si aggiunsero indovinelli e rompicapo.
L’abate si prendeva gioco di chi gli stava intorno.
Tuttavia, la cosa più inquietante era la capacità di leggere nell’animo delle persone e carpire i segreti più reconditi e oscuri, “spiattellandoli” ai quattro venti.
Il trasferimento all’ospedale de pazzerelli
Non passò molto tempo prima che questo comportamento divenne insostenibile per famigliari e compaesani.
Il priore venne portato a Genova all’ospedale de Pazzerelli, un manicomio ubicato tra via Fiume e via Maragliano.
Le cure mediche, tuttavia, non sortirono alcun effetto e Maggiolo fu rispedito a Murta, in un contesto più familiare.
La comparsa di Asmodeo
Naturalmente, i comportamenti bizzarri continuarono, sino a destare l’attenzione dell’Arcivescovo di Genova, Giovanni Lercari.
L’Arcivescovo, temendo che dietro a tutto questo potesse esserci lo zampino del demonio, ordinò ad alcuni sacerdoti di eseguire un esorcismo su Maggiolo.
Fu proprio uno di questi riti a rivelare la presenza di Asmodeo.
Il demone si era impossessato del corpo dell’abate, dopo che questi era venuto meno alla promessa di entrare nei frati cappuccini e fare voto di povertà.
Asmodeo adorava provocare gli esseri umani con indovinelli e i rompicapi.
Iniziò così a prendersi gioco dei teologi venuti a studiare il bizzarro evento con frasi come:
“ubi vir imperat sponsa tacet” (“la chiesa non può niente contro il volere di dio“).
Oppure, “in illa die quae noctem non habet” (“la liberazione sarebbe avvenuta il giorno che non ha notte“), giornata poi identificata con il giorno della nascita della Vergine Maria.
La liberazione per mano di un “becco”
Uno degli indovinelli del demone, riguardava proprio la liberazione dell’abate Maggiolo che sarebbe avvenuta per mano di un “becco“.
Il rompicapo gettò nella confusione i teologi.
Poteva davvero essere un caprone a liberare l’abate dalla scomoda presenza di Asmodeo?
Improvvisamente, Lercari si ricordò di un vecchio religioso savonese ricoverato nel convento della Chiappetta: Padre Becco!
Padre Becco accettò l’incarico proposto dell’Arcivescovo, preparandosi a compiere l’esorcismo.
Gli occorsero quaranta giorni di digiuno e preghiere, prima di sentirsi pronto.
La cerimonia si svolse nella Chiesa di San Francesco, a Bolzaneto, il giorno della natività della vergine Maria.
Durante il rito, il demone inveì contro il prete, pronunciando ingiurie e frasi come: “Venit custos caprarum! Venit custos caprarum!” (“Viene il custode di capre! Viene il custode di capre!).
Alla fine, Padre Becco riuscì a scacciare Asmodeo, ricacciandolo all’inferno.
Il povere abate Maggiolo, sfinito, ma sopravvissuto alla cerimonia, tornò alla sua vita tranquilla, senza più pronunciare parole in latino e pettegolezzi….o quasi…
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Fonti
Leggende e racconti popolari della Liguria, di Guido Ferraro