Buon lunedì!
Oggi torniamo a parlare di zena.
Vorrei aprire una parentesi sulla storia legata alla cinta muraria che ha difeso la nostra città dagli invasori.
Nel corso dei secoli Genova si è dotata di ben sette cinte murarie.
Tra queste, l’opera che è passata alla storia sia per la velocità nella realizzazione, sia la per dimostrazione della potenza messa in campo dalla Superba sono sicuramente le mura del Barbarossa, la terza cinta muraria, innalzata tra il 1155 e il 1159.
Ma andiamo con ordine…
Chi era il Barbarossa?
Federico I di Svevia, conosciuto anche come Federico “Barbarossa”, fu re di Germania e imperatore del Sacro Romano Impero.
Il sovrano si considerava legittimo erede dell’impero Romano d’occidente.
Forte di questa convinzione, e alla ricerca di uno sbocco sul mediterraneo, ben presto mise gli occhi sulla penisola italica.
Nel 1154, Convocò gli ambasciatori dei comuni del nord Italia a Roncaglia, dove indette una dieta per reclamare i diritti imperiali e chiedere la sottomissione delle città.
I comuni che non si sottomisero, come Milano e Tortona, furono messi a ferro e fuoco.
Genova, che fino a quel momento godeva di una larga autonomia giuridica ricevette solo una richiesta di fedeltà, ma non di sottomissione.
La costruzione della cinta Muraria
Nonostante la diplomazia messa in atto dal Barbarossa con gli ambasciatori genovesi, la minaccia imperiale era reale.
Così nel 1155 iniziarono i lavori di ampliamento della cinta muraria.
I lavori procedettero a rilento sino al 1158, anno in cui la minaccia del Barbarossa tornò prepotentemente in scena.
L’imminente pericolo spinse i genovesi a dare fondo a tutte le risorse per terminare l’opera nel minor tempo possibile.
Mentre i nobili finanziavano il progetto, la popolazione forniva manodopera.
Anche l’arcivescovo Sirio II diede in pegno alcuni beni della chiesa per recuperare i fondi per la costruzione.
Tutta la città lavorò alacremente e nel tempo record di 53 giorni Genova ebbe la sua nuova cinta muraria.
Le gesta dei genovesi colpirono il Barbarossa che lasciò loro piena autonomia in cambio della fedeltà e del “dono” di 1200 marchi d’argento.
Le nuove mura
Le nuove mura ampliarono la città.
Partendo da Porta Soprana, da un lato, si snodavano verso Via del Colle sino ad arrivare a comprendere la Chiesa di San Salvatore in Piazza Sarzano. La collina di Sarzano, presieduta da un bastione, era difesa “naturalmente” da uno strapiombo sul mare.
A lato ponente, le mura si ergevano verso la collina di Piccapietra e quella di Luccoli, per scendere nei pressi di piazza Fontane Marose, proseguire fino a Portello, salire al Castelletto, scendere nuovamente lungo la zona del Carmine e giungere alla costa in corrispondenza di via del Campo dove si erge tutt’ora la Porta dei Vacca.
Con l’ampliamento delle mura che si estendevano per un tratto superiore ad un chilometro e seicento metri, la città divenne con i suoi 55 ettari, una delle più grandi della penisola italica.
Curiosità
Nonostante le mura siano state edificate nel 1159 i lavori terminarono solo nel 1163.
L’accesso alla città era consentito attraverso 5 porte, due di esse fortunatamente ancora esistenti: Porta Soprana (Conosciuta anche con il nome di Porta di Sant’Andrea) e Porta dei Vacca (o Porta di Santa Fede).
Gli altri 3 accessi erano Porta Aurea (identica alle prime due), Porta di Sant’Agnese e Porta di Murtedo.
Porta Aurea (conosciuta anche come Porta Doria), gemella di Porta Soprana e Porta dei Vacca, fu eretta nel quartiere di Piccapietra. Le torri vennero mozzate nel XVIII secolo e fu inglobata nel tessuto cittadino, diventando una semplice volta. In seguito, venne demolita negli anni 60 del novecento, a causa del rinnovamento del quartiere.
Dopo la distruzione di Via Madre di Dio e della casa di Paganini, un altro scempio architettonico compiuto ai danni della nostra città…
Porta Murtedo, costruita tra il 1155 e il 1161 si ergeva in largo Lanfranco, accanto al monastero di Santa Caterina, entrambi andarono distrutti. L’accesso fu sostituito nel 1536 dalla Porta dell’Acquasola, eretta in Piazza Corvetto.
Porta di Sant’Agnese si trovava vicino all’omonima chiesa di Sant’Agnese (eretta nel 1192), nei pressi di Piazza della Nunziata. Entrambe le costruzioni sono andate distrutte. La chiesa di Sant’Agnese è stata ricostruita, ma in un caseggiato di via Polleri sono ancora presenti un muro e una colonna appartenenti all’antica struttura.
Le mura del barbarossa, non rappresentano solo una fortificazione difensiva. Rappresentano la volontà di una città intera a non piegarsi ai capricci di un despota straniero, rivendicando la propria identità e autonomia. Ed è anche grazie a questo spirito combattivo che Genova è, è stata e sarà sempre la Superba.
Se ti è piaciuto l’articolo metti un Like alla pagina Facebook Gli Appartamenti di Ema 🙂
Ci ri leggiamo lunedì!
Stay tuned!
Fonti
Treccani, Caffaro di Rustico da Caschifellone
Forti e mura, la difesa di Genova e l’antica cinta muraria
Vivere Genova e il suo centro storico, Vittorio Sirianni