Oggi parliamo di storia, ma non della “solita” storia che racconto nei miei articoli, bensì, la storia della prostituzione a Genova.
Ah…Genova e la prostituzione, un sodalizio senza tempo che abbraccia la nostra città attraversa i carruggi, percorre le creuze e viene intonato nelle canzoni di De André.
Si, la nostra è una città davvero particolare.
Non che la prostituzione sia una fenomeno locale, ma il fatto che numerose prostitute popolino il centro storico a due passi dal maestoso Palazzo Tursi, sede del comune di Genova, e da Via Garibaldi, patrimonio dell’Unesco, fa sorridere.
Una spaccatura che fa riflettere: da una parte, la Strada Nuova, con gli splendidi palazzi dei Rolli e venti metri più in basso, il degrado totale.
La Superba è come un iceberg, la cui una superficie lascia a bocca aperta, con lo sfarzo e l’ostentazione della ricca nobiltà genovese, mentre in profondità si nasconde la parte più antica del centro storico, caratterizzata da misteri, leggende, ma anche povertà e promiscuità.
Qualche cenno storico
Sono riuscito a recuperare qualche informazione e curiosità sulla storia della prostituzione a Genova.
Ai tempi della Repubblica di Genova, le prostituzione era legale e regolamentata.
Tra il 1375 e il 1498, per svolgere il mestiere, occorreva, l’autorizzazione da parte del giudice dei malefici, il legislatore che si occupava di crimini e attività illecite.
Anche in passato, le case di piacere si trovavano all’altezza di via Garibaldi che un tempo era conosciuta come Via Montalbano.
A presiedere la casa d’appuntamenti, vi erano un podestà assistito da due servi e da un collettore, che si occupava della riscossione del denaro.
Vi era anche una regolamentazione sul comportamento delle “cortigiane”.
Quest’ultime non potevano bestemmiare, imprecare, provocare delle risse o detenere armi, pena un’ammenda di 5 soldi.
Ma non era finita qui, vi erano altre pesanti restrizioni anche a livello di culto.
Le meretrici non potevano essere sposate, né fermarsi in chiesa dopo la messa, né entrare nei cimiteri.
Nel caso qualche “giovanotto” volesse “portare via” una signorina, occorreva il permesso del potestà o del collettore.
Le pene previste per l’inosservanza delle norme erano molto severe: si andava dalla sanzione pecuniaria, alla fustigazione pubblica, sino ad arrivare al carcere.
Curiosità
Centro di gravità
In passato, Palazzo Tursi era il centro nevralgico della prostituzione genovese.
Vascello/bordello
Il duca di Tursi possedeva un vascello, ormeggiato al porto, adibito alla prostituzione. Un vero e proprio “bordello galleggiante”, che gli garantiva lauti profitti.
Legge Merlin
In Italia, le case chiuse furono abolite con la legge n.75 del 20 febbraio del 1958, conosciuta anche come Legge Merlin.
Quando faccio un check-in in Vico del Duca (a proposito…credo sia lo stesso Duca del vascello…), a due passi da Tursi, gli ospiti, alla vista delle prostitute, mi domandano se il quartiere è sicuro.
Sorrido e rispondo che siamo di fronte al Comune di Genova e a Via Garibaldi, una delle strade più belle del mondo, e che la prostituzione a Genova si è sviluppata attorno alla Strada Nuova, un luogo frequentato da persone facoltose.
Alcuni accettano la spiegazione, altri “storgono” il naso, altri ancora (pochi per fortuna) si rifiutano di salire e cercano un altro alloggio.
Cerco sempre di spiegare la storia dietro alla prostituzione nei carruggi, ma a volte non basta a tranquillizzare chi sceglie di soggiornare in quella parte di centro storico.
Credo che il quartiere sia sicuro e che non ci sia nulla di cui preoccuparsi: le “signorine”, come le chiamo io, sono gentili e spesso hanno aiutato i miei ospiti a trovare la casa o a mettersi in contatto con me.
Senza contare le orde di “municipali” che pattugliano i vicoli, pronti a puntare il dito contro chi ha la mascherina abbassata, ma impotenti contro il degrado che li circonda.
Polemiche a parte, credo che ognuno di noi potrebbe e dovrebbe fare un piccolo gesto per il centro storico, dal tenere pulite le strade al raccontare la storia, i misteri e le leggende che si annidano al suo interno.
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tratto da “I Genovesi” di Valenti Editori